Nell’accordo con il sovranista eurofobo Dupont-Aignan, Marine Le Pen stralcia dal programma presidenziale quello che finora è stato uno dei punti cardine della sua campagna elettorale: l’uscita dall’Euro.
Nel documento si legge infatti che “la transizione dalla moneta unica a una moneta comune non è una precondizione della politica economica”. Insomma: la propaganda, come le bugie che la alimentano, ha le gambe corte.
E, salvo un nuovo contrordine, alla prova dei fatti nemmeno la candidata neonazionalista alla presidenza della Francia se l’è sentita di andare allo scontro su una proposta autolesionista di ritorno al nazionalismo valutario. Il che la rende ancor più pericolosa quanto inaffidabile e spinta da convenienze, non da convinzioni.
Ci aspettiamo ora che, da Di Maio a Salvini alla Meloni, anche i neonazionalisti italiani facciano una ingloriosa marcia indietro sul no all’Euro – con o senza referendum poco importa – come architrave della loro politica economica. E aspetteremo, quindi, con quali altre promesse effimere verrà sostituita l’uscita dalla moneta unica.
Unione Europea ed Euro non sono il nostro problema ma le condizioni per una soluzione strutturale e di lungo periodo alle difficoltà di crescita ed occupazione che caratterizzano l’Italia rispetto ad altri Paesi.
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