Una misura di civiltà, una misura umana: consentire a chi nasce da genitori regolarmente residenti in Italia, cresce nel nostro paese, imparando la nostra lingua e studiando sui nostri libri, di diventare oltreché di sentirsi cittadino italiano. Non un obbligo: una possibilità, una scelta.
Se ne discute da anni, troppi. Si è giustamente scelta la via dello ius soli temperato, dove l’accento va messo sul “temperato”: cioè sul fatto che il requisito del luogo di nascita non è né sufficiente né necessario, ma altri sono i fattori, di continuità e “italianità”, ad essere decisivi.
Eppure Di Maio preferisce fingere che non sia così, sterzare a destra, strizzare l’occhio agli xenofobi che i “non italiani” semplicemente li vorrebbero “fuori”.
È l’ideologia della chiusura, che richiede paura e pessimismo ma soprattutto capri espiatori. L’Euro e l’Unione europea, capro espiatorio per eccellenza di Lega e Cinque stelle. E poi i bambini immigrati senza cittadinanza italiana, naturalmente da indicare come profittatori e potenziali terroristi.
Negare la cittadinanza per paura, come vuole Di Maio, è un segno di debolezza e può solo generare estraneità, rabbia e ostilità.
Offrire la possibilità della cittadinanza, a condizioni rigorose come quelle previste, è un segnale di forza, un fattore di integrazione, una misura che genera più sicurezza per tutti.
Già, ma Di Maio pensa in grande, non si cura di qualche centinaio di migliaia di ragazze e ragazzi trascurati e penalizzati, lui guarda lontano: ben altri sono i problemi!
Il benaltrismo, nulla di nuovo – e di buono – sotto il sole; altroché.
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