Le polemiche del governo ungherese contro l’Italia sono molto antipatiche, ma anche molto utili. Così è più chiaro sia nel nostro Paese che nell’Ue su quali idee della solidarietà europea e delle responsabilità nazionali occorra oggi scegliere, a Roma come a Bruxelles.
Da una parte c’è un Paese come il nostro, che è contributore netto del bilancio europeo e che dunque è tra quanti assicurano trasferimenti al governo di Budapest che valgono ben il 5% del Pil ungherese e che deve fare fronte, ogni anno, da tre anni, a 150.000 sbarchi e alle relative spese di soccorso e accoglienza.
Dall’altra c’è un Paese che riceve ogni anno dal bilancio comunitario (cioè anche dall’Italia) 4,6 miliardi di euro e rifiuta di ospitare sul proprio territorio anche solo qualche migliaio di profughi, come sarebbe tenuto a fare sulla base delle stesse regole che gli consentono di essere un beneficiario netto dei trasferimenti europei.
A Bruxelles occorre scegliere tra l’idea dell’Europa del governo Orban e quella del governo Renzi.
E in Italia, in cui molti partiti stanno ufficialmente con Orban contro Renzi, agli elettori tocca decidere se a fare gli interessi italiani, oggi, sia più il premier magiaro o il presidente del Consiglio italiano. Il referendum costituzionale, anche per i suoi riflessi politici interni e internazionali, è la prima occasione in cui saranno chiamati a esprimere la propria scelta su questa alternativa.
Non tutti i contrari al referendum voterebbero Orban e i suoi muri, ma quelli che voterebbero Orban o Farage sarebbero i veri beneficiati dal No.
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