Oggi le cronache celebrano, com’è giusto, il fatto che dopo 25 anni la Reggia di Caserta sia di nuovo aperta al pubblico il giorno di Pasquetta.
Eppure ci sono politici come Luigi di Maio, campano peraltro, che pensano che le aperture domenicali e festive ‘sfaldino le famiglie’.
Che si tratti di musei, treni, ristoranti, bar o centri commerciali, ovviamente, non fa differenza: il punto è il lavoro nei giorni festivi. Noi siamo favorevoli invece al fatto che, con le tutele previste dai contratti per i dipendenti, anche gli esercizi commerciali, oltre a bar, ristoranti e musei, possano aprire nei festivi.
Non sarà il rimpianto del bel mondo antico a dare all’Italia nuove opportunità di crescita e occupazione.
Ma c’è un sottofondo classista, a mio avviso, nella richiesta di chiusura domenicale dei centri commerciali: sono le famiglie dei lavoratori, impiegati ed operai, quelle che più delle altre usufruiscono dei servizi dei centri commerciali nei giorni festivi; servizi e prodotti offerti a costi concorrenziali che, a loro volta, portano in Italia come altrove maggiore occupazione e buste paga più pesanti per chi decide liberamente di lavorare nei giorni festivi.
L’alternativa alla chiusura dei centri commerciali durante la domenica o le festività non sarà lo shopping nelle boutique in centro, ma la privazione di un servizio e di un’occasione di consumo a prezzi ragionevoli.
Il resto è la poesia della decrescita, che non è mai stata felice, specie per chi ha bisogno di reddito e di occupazione.
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