A distanza di cinque anni, ovviamente, sul Fiscal Compact si potrebbe anche aprire una discussione su come cambiarlo. Ma il punto politico è un altro: a Grillo che dice che fu una truffa semantica, economica e morale, si deve rispondere che, in quel determinato momento, è stata la cosa più giusta da fare nell’interesse dell’Italia. Io l’ho votato, lo rivendico e lo rifarei.
Il Fiscal Compact non ha prodotto un euro di danno né all’Italia né ai contribuenti italiani, non ci ha costretto a nessuna misura draconiana e, nel combinato disposto con il pareggio di bilancio, ci impone due volte l’anno un voto a maggioranza qualificata.
Io ritengo che questa cornice abbia consentito a Draghi il ‘wathever it takes’ e le misure conseguenti che, probabilmente, senza questa cornice il presidente della Bce non avrebbe potuto varare. E credo che, grazie anche al Fiscal Compact, abbiamo potuto risparmiare anno per anno decine di miliardi di euro sugli interessi del debito pubblico.
Ma la domanda che mi faccio è questa: da un punto di vista elettorale, come possiamo noi che rappresentiamo il fronte dell’apertura contro quello della chiusura riuscire a battere Grillo e Salvini se stiamo sulla loro agenda e usiamo i loro stessi bersagli polemici a partire dalla UE? Anche perché, loro su questo avranno sempre una parola in più, peggiore e definitiva rispetto a quella che possiamo avere noi.
Oggi a Tartano, nel corso della tavola rotonda di Incontri Riformisti organizzato da Libertà Eguale.
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