Dopo qualche mese di oblio – il tempo di una finanziaria che non se ne occupa minimamente -, il tema della riforma della previdenza è stato rilanciato “alla grande” dal Presidente del Consiglio Massimo D’Alema.
Bene. Anzi, male.
Bene perché è evidente che ogni mese che passa senza che si rivedano istituti da paese del bengodi come le pensioni di anzianità, si aggrava la posizione dei più giovani lavoratori e si penalizza la nostra competitività. Male, anzi malissimo, perché non si capisce come la concertazione – indicata da D’Alema come la via maestra per la riforma – possa produrre una drastica accelerazione della riforma e l’abolizione delle pensioni di anzianità. D’Alema ha lanciato di nuovo il sasso ma sa che la sua maggioranza ballerina non potrà mai imporre al sindacato queste scelte ragionevoli e nell’interesse di tutti i cittadini.
Anche noi, come il Presidente del Consiglio, vorremmo su questo “grande problema” un “confronto civile”. Lo vogliamo davvero – non solo a parole – e lo abbiamo preparato: la prossima primavera gli italiani potranno decidere con un referendum se accelerare o no la “messa a regime” riforma previdenziale.
Massimo D’Alema avrà una buona occasione per passare dalle parole ai fatti.
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