Sono doppiamente dannose le polemiche che riguardano i temi politici generali e non il merito del referendum: innanzitutto perché non consentono un voto aderente all’oggetto della discussione, e cioè dire Sì o No alla riforma della Costituzione, con il rischio che, in caso di vittoria del No, perderemmo altri 10 anni esattamente come accaduto nel 2006 con la bocciatura della riforma Calderoli.
Inoltre, l’uso strumentale di un appuntamento che riguarda le modifiche Costituzionali per colpire politicamente Renzi e il governo metterebbe il Paese su di un percorso complicato, dato che gli effetti inaspettati di questa scelta potrebbero anche non essere positivi per l’Italia, che verrebbe a trovarsi di nuovo in una fase di forte instabilità politica.
Nel 2011 l’inadeguatezza e l’incapacità politica del governo Berlusconi nel rispondere a un’emergenza finanziaria fu scambiata per un complotto dei mercati. Evidentemente non era così: l’esecutivo si reggeva su pochissimi voti e non era ormai in grado di affrontare la più grave crisi del debito che ci sia mai stata in Italia. Ovviamente i mercati erano preoccupati, così come lo sono oggi nel caso di una eventuale vittoria del fronte antieuropeista e antieuro di Salvini e Grillo.
La tesi del complotto demo-pluto-giudaico-massonico, secondo cui questa riforma è legata alle richieste delle grandi banche e dei grandi gruppi d’interesse come sostengono alcuni esponenti del No, è puerile: chi non vuole affrontare la realtà per quella che è, cerca sempre un nemico esterno.
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