La posizione ribadita oggi dal Procuratore Nazionale Antimafia Roberti, favorevole “a una disciplina che attribuisca ai Monopoli di Stato, in via esclusiva, la coltivazione, lavorazione e vendita della cannabis e dei suoi derivati, che sottrarrebbe spazi di mercato alle organizzazioni criminali nazionali e straniere”, conferma che le massime strutture di contrasto della criminalità mafiosa comprendono perfettamente il senso e l’utilità di una riforma già sperimentata con successo in alcuni Stati Usa e ora in via di approvazione in Canada.
Legalizzare il mercato della cannabis significa provare a regolamentare la diffusione di sostanze non innocue, ma certo non più dannose di alcool e tabacco, che la proibizione rende non solo straordinariamente profittevoli, ma ‘epidemicamente’ diffuse, fuori da qualunque meccanismo di controllo legale, e impossibili da arginare, pur impiegando ingenti risorse, umane e finanziarie, che potrebbero essere destinate alla repressione di reati di vero allarme sociale.
Le riserve del Procuratore Roberti circa le ipotesi di auto-produzione in forma individuale e associata da parte dei consumatori vanno ovviamente prese in considerazione, ma potranno essere valutate, con il complesso della legge depositata da due anni alla Camera, quando le forze parlamentari decideranno finalmente di avviarne la discussione, oggi impedita da ragioni non procedurali, ma chiaramente politiche.
Spero comunque che le parole di Roberti, che riconosce che la legalizzazione della cannabis è una vera strategia antimafia, spingano i capigruppo a procedere alla calendarizzazione del testo e all’inizio della discussione.
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